Apriamo il cantiere della scuola
Andrea Morniroli e Marco Rossi-Doria - Repubblica Napoli
Napoli, giorno dopo giorno, sta diventando uno dei principali centri della crisi sociale ed educativa scatenata dal Covid-19. La pandemia sta facendo aumentare, in modo potente, i tassi già elevati di famiglie sotto la soglia di povertà relativa e assoluta, di disoccupazione e lavoro precario, di donne che non lavorano. La situazione di chi non ha lavoro si aggrava ovunque ma se la disoccupazione – per le donne, gli over 50, i ragazzi – era già due o tre volte superiore a quella di una città del nord, la cosa è ben più seria. L’impoverimento dei lavoratori irregolari e non garantiti riguarda tutta Italia ma un conto è se questi sono il 10 % di chi lavora nella manifattura e nei servizi e un conto se sono il 30% o più. L’interruzione del turismo è un fatto internazionale ma un conto è se il settore è stabile, con 1 o 2 addetti su 10 lavoratori in una città e altro conto è se riguarda 4 o più addetti sul totale dei lavoratori e se rappresenta il traino di crescita negli ultimi anni, com’era a Napoli. E il risparmio si erode ovunque. Ma la cosa è più grave se evapora la possibilità di aiuto reciproco entro il contesto famigliare allargato grazie all’uso solidale del risparmio nel mondo delle migliaia di lavoratori onesti che, però, non hanno una busta paga regolare e sono “non bancabili”. Inoltre, si sta eclissando la prospettiva di emigrazione verso il nord e verso l’Europa sia dei nostri ragazzi più qualificati sia di quelli più intraprendenti tra i non qualificati.
Se le misure del governo sul fronte della spesa sociale si mettessero in moto rapidamente avremmo un orizzonte di tenuta minima. Ma non dobbiamo dimenticare che la spesa sociale, prima della crisi, era molto minore della media nazionale perché la maggiore presenza di reddito di cittadinanza - che aveva un po’ attenuato il peso della povertà - non compensava la ridottissima spesa per i nostri servizi essenziali e per i più fragili, vecchi e bambini.
I bambini e ragazzi di Napoli, poi, hanno da sempre un alto tasso di genitori con basso livello di istruzione, meno servizi culturali e sportivo-ricreativi, nidi e servizi per l'infanzia, classi a tempo pieno, mense, laboratori e aule con connessione veloce entro edifici scolastici a norma.
Siamo, dunque, molto preoccupati. Ma, al contempo, vediamo segnali di riscatto, che spesso nascono nei momenti di massima crisi. In una situazione così aggravata - che riguarda tutto il Sud e in particolare le aree urbane povere - temiamo l’esclusione del Mezzogiorno e della nostra città dalla battaglia comune per far ripartire l’Italia come parte dell’Europa. Ma vediamo, al contempo, una straordinaria attivazione del civismo in campo educativo e sociale e dell’eroismo di tante imprese e del ritorno alla voglia di inventare nuovi lavori. Temiamo l’allargarsi del divario tra le due città. Sentiamo una parte di quella più protetta che si ritira nelle sue torri materiali e mentali, evitando di pensare come classe con maggiore responsabilità per tutti, che sa guardare all’interesse generale, come diceva non Carlo Marx ma Adamo Smith. Ma un’altra parte di città non asseconda tale posizionamento. Non si fa complice dell’idea che chi è povero lo è per sua colpa o che il lavoro irregolare è sempre sinonimo di illegalità se non peggio, rischiando di fare eco a un’idea che tanti, nel nord, hanno del Mezzogiorno. Vi è un crescente pensiero che riscopre che il riscatto del Sud e il processo di graduale chiusura della forbice Nord/Sud sono stati interrotti da scelte dissennate di politica economica che oggi è possibile invertire proprio perché da una crisi di questa magnitudo o si esce tutti insieme o non si esce.
Un crescente numero di persone, pur tra mille difficoltà, si unisce per “ripartire bene, ripartendo dai fondamentali”: lotta alle povertà e solidarietà in ogni azione di sviluppo economico, nella prospettiva dell’economia sostenibile e circolare e della centralità della conoscenza e, dunque, dell’educazione di qualità per tutti/e.
Napoli ha urgente bisogno di stringersi intorno a un patto civile e sociale che sappia riunire queste energie. Ci vorrà molto lavoro, fantasia, il superamento di steccati, la promozione delle tante cose inedite che stanno emergendo e la ripresa della prospettiva meridionalista. Il primo segno di questo patto è pensare insieme a come ripartire dalla scuola e dall’esclusione dei bambini/e che oggi sono in maggiore difficoltà.
In tanti, da Napoli, in queste settimane, stiamo partecipando a una proposta di respiro nazionale - che unisce pubbliche amministrazioni, imprese sociali, civismo diffuso, imprenditori grandi e piccoli - tesa ad avere risorse importanti entro le misure straordinarie in cantiere per poter creare in ogni territorio una rete orizzontale cooperativa tra scuole, comuni e associazionismo e privato sociale per riaprire in modo solidale e innovativo in campo educativo.
Ci vuole uno scatto in avanti, una missione per le tante forze dell’educare attive in città. Con la progressiva decrescita del fattore di contagio R con zero, possiamo costruire un grande cantiere educativo che faccia emergere le cose che stiamo imparando. Serve un’estate e un autunno da vera città educante. In modo regolato, nelle scuole messe in condizioni di sicurezza sanitaria e pronte per il distanziamento minimo, possiamo riprendere a studiare promuovendo l’innovazione didattica non solo a distanza, curando il recupero scolastico anche tradizionale, elaborando, al contempo, quanto è emerso, cognitivamente e emotivamente – in ogni ragazzo/a – in una stagione così spaesante, che ha anche riunito tutte le discipline del sapere umano nel dibattito planetario e chiama a nuova conoscenza. E, oltre le mura scolastiche, possiamo allestire – docenti, educatori, genitori, cittadini – un calendario di apprendimento diffuso, nei parchi e in ogni spazio all’aperto, nei musei, nelle parrocchie, nei centri sportivi, nelle palestre, nelle tante sedi del nostro straordinario privato sociale, ponendo il sapere e la scuola pubblica al centro della città, come mai prima.
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