19 settembre 2023   Articoli

Accordi di coesione, la svolta: opportunità per interventi reali

Federico Pirro - Nuovo Quotidiano di Puglia (Bari)

Federico Pirro - Professore di Storia dell’Industria - Università di Bari Aldo Moro

Nel recente Decreto legge recante ‘’Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese’’, com’è noto uno degli articoli ha previsto - a proposito della programmazione e utilizzazione delle risorse del Fondo Sviluppo e coesione - che il Ministero per il Sud e le Regioni definiscano d’intesa un Accordo per la coesione con il quale vengono individuati gli obiettivi di sviluppo da perseguire attraverso la realizzazione di specifici interventi, anche con il concorso di più fonti di finanziamento.

Tali interventi devono essere specificati, selezionati all’esito di un’istruttoria espletata congiuntamente dalla Regione e dal Dipartimento per le politiche di coesione della Presidenza del Consiglio, soprattutto ai fini della loro coerenza con i documenti di programmazione europea e nazionale. Si prevede altresì che la dotazione finanziaria del FSC debba essere impiegata in coerenza con le politiche settoriali e con le politiche di investimento del PNRR, secondo principi di complementarità e  addizionalità.

Negli Accordi di coesione devono essere previsti cronoprogrammi di realizzazione di ciascun intervento con l’indicazione dei traguardi intermedi e finali, l’entità delle risorse destinate alle Città metropolitane ove esistenti (come in Puglia), l’indicazione degli impegni reciprocamente assunti fra Ministero e Regione, l’entità delle risorse del Fondo eventualmente destinate al finanziamento della quota regionale di cofinanziamento dei programmi regionali europei, il piano finanziario dell’Accordo articolato per annualità, ed infine i principi per la definizione del sistema di gestione e controllo dell’Accordo nonché di monitoraggio dello stesso.

Queste disposizioni, che con l’intero Decreto legge passano ora al vaglio del Parlamento per la conversione, hanno suscitato critiche e reazioni di qualche Governatore, visibilmente contrariato perché cambierebbero in profondità le precedenti modalità di impiego delle risorse assegnate alle Regioni a valere sul Fondo sviluppo e coesione. Si teme in altri termini una sottrazione di sovranità nell’impiego delle quote assegnate di tale Fondo e un loro appostamento in programmi di spesa sottratti alla discrezionalità delle Regioni e da concordarsi, con procedure definite dirigistiche, con il Ministero per il Sud, previa un’istruttoria del Dipartimento per le politiche di coesione operante presso la Presidenza del Consiglio.

Ora, non v’è dubbio che gli Accordi di coesione - se in sede di conversione ne verranno conservate le modalità di definizione dei contenuti con i relativi cronoprogrammi di attuazione - tendano a consolidare il raccordo centro-periferia nell’utilizzo di risorse che ormai deve essere sempre più coerente con i documenti di programmazione europea e nazionale.

Ma chiediamoci – invitando tutti i protagonisti del dibattito ad un confronto il più possibile pacato e focalizzato esclusivamente sul merito della norma – si è proprio sicuri che non convenga alle stesse Regioni il contenuto di un Accordo di coesione, redatto congiuntamente con il Ministero, e con la definizione di obiettivi intermedi e finali e delle relative annualità dei singoli piani finanziari ?  Riflettiamo.

In primo luogo sarà sempre la Regione la portatrice di proposte di sviluppo del proprio territorio e di linee d’azione per perseguirli, che poi dovranno essere compiutamente definite d’intesa con il Ministero per il Sud, previa istruttoria espletata congiuntamente fra il Dipartimento per le politiche di coesione e le tecnostrutture regionali. Una Regione che abbia una solida visione programmatoria della sua crescita saprà indicare con sicurezza gli obiettivi da concordare con il Ministero che, peraltro - ed anche questo, a nostro avviso, è un vantaggio per l’Ente territoriale - dovranno essere coerenti con i documenti di programmazione europea e nazionale: il che significa per la Regione agganciarsi a obiettivi di crescita di rango comunitario, ai quali dovranno uniformarsi gli stessi documenti di programmazione nazionale, superando ove esistenti ritardi redazionali e disallineamenti.

In secondo luogo, non è interesse della stessa Regione che si stabiliscano cronoprogrammi di impiego dei fondi, con l’individuazione delle mete intermedie e finali ? Tale impostazione rappresenta indubbiamente una sfida per gli apparati amministrativi locali che dovranno impegnarsi, sempre a vantaggio dei cittadini (contribuenti), nel raggiungimento di obiettivi stabiliti congiuntamente con il Ministero che sarà impegnato esso stesso nel conseguimento degli ‘’impegni reciprocamente assunti’’: In altri termini, la sfida dell’efficienza vale per tutti, al centro come in periferia.

In terzo luogo la definizione di un piano finanziario dell’accordo, articolato per singole annualità non aiuta forse la Regione a gestire al meglio i suoi impegni di competenza e di cassa ?

Ed infine, non è apprezzabile che si vogliano definire fra Ministero e Regione i principi del sistema di gestione e controllo dell’Accordo, nonché di monitoraggio dello stesso per darne poi piena contezza ai cittadini ?

Certo, è comprensibile che l’architettura definita degli Accordi di coesione voluti dal Ministro Fitto possa anche apparire agli occhi di qualcuno dirigistica, ed io aggiungerei macroaziendalista, come un sorta cioè, ci si passi l’immagine, di grande business plan concordato fra Ministero e Regione. Ma almeno, per la durata attuativa del PNRR, non sarebbe utile al Paese un sano dirigismo concordato d’intesa fra Stato e Regioni, in una fase inoltre in cui come Unione Europea siamo impegnati in una sfida competitiva durissima con Usa e Cina ?

E in questo scenario non è utile per le Regioni, l’intero Paese e i suoi cittadini provare a superare, sia pure con comprensibile fatica, ogni forma di provincialismo per puntare a collocarsi a pieno titolo-in un convoglio produttivo saldamente legato all’Unione Europea ?

Allora, a nostro sommesso avviso, sarebbe opportuno che siano dismesse contrapposizioni muscolari a quanto stabilito del Decreto Legge in via di conversione e ci si comporti da statisti anche nelle sale, a volte troppo anguste, degli Uffici di Presidenza di qualche Regione del Sud, ma anche del Nord.

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