Next generation, il nodo resta la qualità dei progetti
Umberto Ranieri - Corriere del Mezzogiorno
Mi auguro che sulla ripartizione delle risorse del Next Generation non si attivino pretese localiste e le obiezioni provenienti dal Mezzogiorno non si esauriscano nella disputa sulla quantità ex ante delle risorse destinate ai singoli territori. Come ha ricordato Enzo Amendola il riparto dei fondi nei sei capitoli individuati avviene su linee guida programmatiche non su base territoriale. Non vorrei riemergesse l’idea, radicata nelle classi dirigenti politiche meridionali, che il Sud e Napoli siano penalizzati da un insufficiente trasferimento di risorse e che questo sia all’origine delle difficoltà. Altri sono i nodi da sciogliere per intendere le cause del permanere del divario, a cominciare dalla insufficiente capacità delle amministrazioni meridionali di progettazione e realizzazione di opere finanziate con i fondi europei.
Nella discussione sul piano di riforme, i gruppi politici meridionali dovrebbero porre una questione di fondo. Da trent’anni la economia italiana perde terreno rispetto alla media dell’area euro. Il cattivo andamento della produttività ne è la causa determinante. Uno dei fattori all’origine del deficit della capacità produttiva è l’arretratezza del Mezzogiorno. Recuperare alla crescita e allo sviluppo le regioni meridionali è quindi la condizione per ridare slancio alla economia italiana nel suo complesso. Questo obiettivo non lo si raggiunge reclamando incentivi, crediti d’imposta, zone franche per compensare le conseguenze di problemi che si trascinano irrisolti.
Va imboccata una diversa strada: concentrare le risorse disponibili, che saranno ingenti, su progetti in grado di accrescere la provvista di beni e servizi collettivi il cui deficit costituisce l’ostacolo fondamentale alla crescita civile ed economica di Napoli e del Sud: rendimento della istruzione, deficit infrastrutture immateriali (reti di comunicazione) e materiali (trasporti, energia, forniture idriche), tempi lunghi della giustizia specie di quelli relativi alla giustizia civile, arbitrarietà della pubblica amministrazione. Farlo senza il piagnisteo sulla mancanza di poteri e soldi, spesso un alibi di amministratori inadempienti. Il punto è la qualità dei progetti. Qui valgono le parole di Mario Draghi: “quel che bisogna valutare, nel piano di riforme, è se un progetto è utile o no. Se supera test che riguardano il suo tasso di rendimento sociale oppure è semplicemente il frutto di una convenienza politica e di clientelismo”.
La qualità dei progetti è dunque la frontiera sulla quale il Recovery fund può fallire o invece segnare una svolta in positivo. Ma chi farà la valutazione dei tassi di rendimento dei progetti? Chi valuterà la qualità di progetti presentati da tutte le amministrazioni pubbliche assegnando poi loro le risorse con le quali affidare lavori per realizzare i progetti?
In questi giorni si ricordano i settanta anni trascorsi dalla istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, la iniziativa di stampo keynesiano assunta dal governo De Gasperi per affrontare la drammatica arretratezza economica e sociale delle regioni meridionali nel dopoguerra. Una iniziativa cui si oppose una sinistra unilaterale e schematica. Mi chiedo: è del tutto fuori dalla realtà l’idea di affidare il piano di utilizzo italiano dei fondi europei a un ente apposito che operi fino al 2026, “riceva i finanziamenti dall’Europa, predisponga i singoli progetti in cui si concretizzano gli indirizzi politici fissati dal Governo e provveda ad appaltare i lavori per la realizzazione del Piano”. E’ infondato il timore che, diversamente, il Next Generation italiano rischi di sfarinarsi in una babele di richieste e progetti inutili?
Infine una questione politica riferita al gruppo dei Costituenti. Il suo lavoro sui contenuti è del tutto apprezzabile. Può tuttavia la sua attività limitarsi alla riflessione programmatica nell’attesa che la politica risolva la controversa questione del candidato? Mi chiedo se non sia giunto il momento di avanzare una proposta politica. La riassumo. I partiti dello schieramento progressista mettano da parte i loro simboli a favore di una grande lista civica che raccolga l’ansia diffusa tra i napoletani di un profondo rinnovamento nei metodi e negli indirizzi di governo della città. Una iniziativa che coinvolga forze e personalità che alla competenza in settori cruciali dell’amministrazione cittadina accompagnano uno schietto impegno civile, una iniziativa che valorizzi e renda protagonista della vita di Napoli il potenziale civico della città. Idea velleitaria? Credo che la destra sarebbe travolta e Napoli tornerebbe un punto di riferimento politico e civile per l’intero Mezzogiorno.
Seguici sui social