07 febbraio 2025   Articoli

Tecnologia e saperi, il nuovo Sud protagonista

Amedeo Lepore - Il Mattino

Amedeo Lepore - Professore ordinario di Storia Economica - Università della Campania Luigi Vanvitelli

La storia, quella con la esse maiuscola, può avere origine anche dall’incontro del tutto fortuito tra fantasia e scienza. Non si tratta di un paradosso, ma di uno dei tanti modi in cui si intrecciano universo “immateriale” dell’immaginario creativo e mondo “materiale” dell’elaborazione scientifica. La fantascienza, con la sua letteratura e la sua produzione filmica, è uno dei campi più fertili per scorgere previsioni che spesso si realizzano involontariamente. 

Nell’epoca complessa in cui viviamo, i percorsi della ricerca potrebbero arricchirsi, senza grandi limiti, aprendosi a una contaminazione tra crescente potenza delle nuove tecnologie (big data e intelligenza artificiale su tutte) e apporto insostituibile – oltre che della ragione – della creatività umana. Di questa prospettiva danno testimonianza tangibile le competenze di tanti giovani, a prescindere dalla loro dislocazione geografica o professionale. 

Un esempio emblematico è quello di Chiara Marletto, ricercatrice torinese di 37 anni che studia la teoria dei costruttori a Oxford, ovvero congegni più progrediti dei computer quantistici, in grado non solo di fare calcoli, ma di produrre ogni oggetto fisicamente possibile. Citando Einstein, afferma che “l’immaginazione è più importante della conoscenza”, visto che “riesce a includere il mondo”, e nel suo libro descrive la scienza dell’impossibile, frutto di un intreccio fitto tra discipline diverse, spesso considerate inconciliabili dagli avversari della multidisciplinarità. 

Un altro caso indicativo è quello di Guido Papa, virologo salernitano di 33 anni che torna in Italia da Cambridge, dopo aver brevettato una tecnologia capace di distruggere gli aggregati tossici nelle cellule, contribuendo a combattere il morbo di Alzheimer, altre malattie neurovegetative, genetiche e tumorali. Il giovane ricercatore non si è mai definito un “cervello in fuga”, ma è andato all’estero, dove “non danno limiti alla scienza, al tuo pensiero e alla tua creatività”, per compiere un’esperienza e assimilare questo tipo di mentalità. Ambedue si occupano di indagini pionieristiche che nascono da facoltà immaginative e serendipity paragonabili alla fantascienza.

Non sono singoli nomi in quanto tali, ma esempi di un flusso ampio e di una tendenza che andrebbe resa strutturale, facendo dei frutti dell’ingegno un valore aggiunto per la crescita. Specie nel Mezzogiorno, dove questi fenomeni acquistano un significato ancora più dirompente.

L’Italia, nonostante finanziamenti per la ricerca molto inferiori agli altri, annovera 7618 scienziati nella graduatoria dell’Università di Stanford dei “World’s Top 2% Scientists” per il 2024, classificandosi al settimo posto tra i dieci Paesi più dotati per quantità, qualità e diffusione di pubblicazioni scientifiche (dopo Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Germania, Canada, Australia e prima di Francia, Giappone e India). Nel ranking mondiale della ricerca annuale, diverse Università meridionali non sfigurano: basti pensare che la Federico II di Napoli compare al vertice della graduatoria con 335 studiosi, prima della Sapienza e vicino alle Università di Padova e Milano. Nella classifica del Sud seguono Catania con 129 ricercatori, Palermo, Bari, Messina, Campania - Vanvitelli e Salerno a breve distanza. Mentre alcune eminenti Università del Nord si collocano a livelli più bassi. Un’altra fonte di rilievo è l’analisi di Clarivate Analytics per il 2024 sui ricercatori maggiormente influenti a livello mondiale. Le Università meridionali sono presenti in questo elenco – anche se il distacco dagli atenei settentrionali più performanti è maggiore – con 4 studiosi di Catania, 3 di Federico II e Bari, 2 di Vanvitelli e Salerno, 1 di Pescara, Calabria, Palermo e Politecnico di Bari. 

Senza volersi affidare in toto a queste classificazioni, basate su criteri messi spesso in discussione, lo scenario che se ne ricava può servire ad approssimarsi a una valutazione della presenza di studiosi di eccellenza in Italia e nel Mezzogiorno. In ogni caso, va considerato anche il portato delle esperienze concrete, come quelle individuali, cui sta dando spazio questo giornale, con le storie del ritorno di numerosi talenti al Sud. Insieme all’emorragia di competenze dal Mezzogiorno verso altre regioni o Paesi, una dolorosa realtà, si dovrebbero tenere in conto anche questi fenomeni inversi, che tracciano un sentiero di speranza per il prossimo futuro. Inoltre, non ci sono solo quelli che vanno e quelli che tornano. 

Quelli che sono restati e restano, combattendo contro un ambiente ostile, rappresentano un’energia fondamentale per la crescita delle aree meridionali e della loro forza innovativa. Bisognerebbe raccontare anche questo aspetto misconosciuto del problema. Ripercorrendo la storia della scienza e dei grandi scienziati del Sud, in un volume di appena un lustro fa, Pietro Greco scriveva che: “Il Mezzogiorno continua ad avere la capacità di dare i natali e di formare un insieme abbastanza vasto di ‘grandi intellettuali’ (scienziati compresi) pur in un quadro di perdurante inadeguatezza delle strutture istituzionali”. Perciò, occorre darsi da fare per migliorare Università e centri di ricerca del Sud con almeno tre ingredienti, in grado di eliminare la burocrazia; rendere disponibili attrezzature adeguate; potenziare il lavoro degli studiosi e la qualità di didattica, ricerca e impegno sociale, premiando il merito. In questo modo, il Mezzogiorno può contribuire pienamente alla rivoluzione delle conoscenze e delle tecnologie in atto.

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