Governo, un utile mix di competenze. Ora un Recovery che parli al Meridione
Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno
La composizione del Governo Draghi segnala, pur nell’attento equilibrio tra le forze politiche che lo sostengono, la consapevolezza del Presidente del Consiglio riguardo alla necessità di rafforzare la capacità realizzativa dell’esecutivo sulle partite cruciali che stanno di fronte al Paese: emergenza sanitaria, Piano nazionale di ripresa e resilienza per ricostruire le basi strutturali della crescita, seria gestione del bilancio pubblico a tutela della stabilità finanziaria. Tre questioni decisive per il futuro del Mezzogiorno.
Sul versante sanitario, si è preferito giustamente salvaguardare la continuità di Governo in modo da garantire che non ci siano interruzioni nell’opera di contrasto alla pandemia e imprimere la necessaria accelerazione alla campagna vaccinale. Creare le condizioni per ritornare quanto prima alla normalità delle relazioni interpersonali è essenziale non solo per la qualità della vita quotidiana dei cittadini ma anche per ridare una prospettiva all’insieme delle attività produttive e per riportare i ragazzi e le ragazze alla scuola in presenza. La situazione concreta in cui versa il Mezzogiorno - con le tante attività ferme e a rischio chiusura, con la perdita di posti di lavoro a tempo e di occupazione giovanile e femminile, con le difficoltà oggettive che ostacolano la didattica a distanza aggravando il fenomeno della dispersione scolastica - segnala quanto sia decisivo per il Sud che il virus sia sconfitto al più presto e in modo duraturo.
Sul versante del Recovery Plan, la combinazione di ministri tecnici di sicuro valore collocati negli snodi realizzativi fondamentali – transizione verde, energetica e digitale all’insegna della scienza e della tencologia e investimenti infrastrutturali – e di ministri politici dotati di senso della concretezza – sviluppo economico, lavoro e Sud – è un buon viatico per superare le debolezze della bozza di Piano approvata il 12 gennaio. Come ho già segnalato in questa rubrica, mentre risorse consistenti vengono disperse in quella bozza su interventi microsettoriali, risultano assenti o gravemente sottodimensionati capitoli essenziali, in particolare proprio per il Mezzogiorno. Per limitarmi a qualche esempio: credito d’imposta per gli investimenti al Sud da utilizzare in aggiunta agli incentivi di Industria 4.0; bonifiche e rilancio produttivo dei siti industriali dismessi o in crisi; logistica, portualità e Zone economiche speciali; manutenzione delle infrastrutture esistenti; impianti di chiusura del ciclo rifiuti e risanamento delle reti idriche; rigenerazione urbana. Così come mancano nella bozza indicazioni operative sul terreno delle riforme e delle semplificazioni amministrative che l’Unione Europea da tempo ci chiede e che sono indispensabili per dare concreta attuazione al Recovery Plan.
Sul versante della finanza pubblica, l’arrivo all’Economia di un tecnico molto esperto, oltre naturalmente alla stessa azione di indirizzo che verrà ora da Palazzo Chigi, fanno sperare che si esca dall’equivoco che ha scambiato la sospensione da parte dell’Unione Europea del Patto di stabilità per una sorta di “tana libera tutti” sul fronte del bilancio. Non certo per tornare all’austerità, ma per collocare gli interventi che saranno ancora necessari per gestire l’emergenza economica e sociale in un quadro di reale controllo sull’evoluzione della finanza pubblica, ricordandosi che ad alimentarla sono le risorse che vengono dai cittadini italiani di oggi e di domani, i quali devono essere perciò garantiti sul fronte della stabilità finanziaria. E sappiamo anche che un uso disinvolto delle risorse pubbliche, premiando i comportamenti peggiori, non aiuta ma danneggia il Mezzogiorno.
In sintesi, serviranno visione e capacità realizzativa. Le premesse ci sono, ma il compito è arduo e passa per il superamento di quei fattori di resistenza – purtroppo assai capillari e diffusi nel corpo stesso della società italiana – che hanno fin qui bloccato le riforme da tempo necessarie o, una volta varate, le hanno poi rovesciate.
Un primo segnale di queste resistenze è venuto ieri, il giorno stesso del giuramento del nuovo Governo, con la sentenza del TAR di Lecce che impone lo spegnimento entro 60 giorni dell’area a caldo della ex-Ilva. L’idea che la tutela dell’ambiente e della salute richieda la “decrescita infelice” è il contrario di ciò di cui il Mezzogiorno ha bisogno. Il futuro dello stabilimento di Taranto è così la prima difficile prova cui è chiamata la politica industriale e ambientale del Governo Draghi: per il bene dell’Italia e del suo Meridione, c’è da augurarsi venga superata.
Ancora una volta per battere le resistenze conservatrici non ci sono scorciatoie, c’è solo l’impegno continuativo a far prevalere il bene comune: che il nuovo Governo riesca in questo compito, decisivo per il futuro del nostro Paese, è il mio augurio più sincero.
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