10 settembre 2024   Articoli

L'equilibrio che serve nel rapporto Stato-mercato

Sole24Ore

Marcello Messori - Istituto Universitario Europeo

L’ultimo ventennio non è stato solo contrassegnato da un’impressionante sequenza di crisi economiche e conflitti geo-politici che hanno fatto emergere la gravità degli squilibri istituzionali, sociali e ambientali e hanno modificato il funzionamento dei mercati internazionali e interni alle diverse aree. Tali crisi hanno anche mostrato che le loro radici affondano in aspetti problematici di quei processi di più lungo periodo che avevano connotato sia l’ “età dell’oro” della crescita mondiale negli anni Cinquanta e Sessanta sia l’instabilità negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Non è sorprendente che, a fronte di fenomeni tanto complessi, l’utilizzo degli strumenti di politica economica sia stato ondivago e la connessa interazione fra interventi pubblici e funzionamento dei mercati sia stata spesso inefficace e – comunque – incapace di tradursi in strategie coerenti. 

E’ viceversa sorprendentemente positivo che, nel volume dal titolo evocativo di Per un governo che ami il mercato. Una certa idea di intervento pubblico (il Mulino, 2024), Claudio De Vincenti affronti con successo il temerario compito di esaminare e spiegare i problemi di teoria e di politica economica che hanno contrassegnato i ‘fallimenti dello stato’ nel condizionare e accompagnare il funzionamento dei mercati e nel correggerne le sistematiche distorsioni durante gli ultimi settant’anni. Avvalendosi della sua ricca esperienza di economista accademico e di responsabile istituzionale, l’autore prende le mosse dalle conclusioni della Teoria generale di Keynes: troppo spesso i governi anche di opposto orientamento ideologico sono rimasti prigionieri delle errate ricette di esperti inaffidabili. Così di fronte alle crisi recenti, invece di utilizzare con pazienza i più solidi risultati progressivamente acquisiti dalla teoria economica e di tradurli in rinnovati spazi di policy, i governi di varia tendenza hanno percorso le vie più facili. I governi conservatori hanno dichiarato cieca fiducia nell’efficienza dei meccanismi di mercato ma hanno poi adottato politiche opache e discriminatorie; i governi reazionari hanno seguito derive populiste di protezione delle posizioni di rendita; quelli progressisti hanno trascurato l’insostituibile anche se distorto ruolo dei mercati, illudendosi che – nonostante le negative esperienze passate – scelte accentrate e ‘benevolenti’ fossero di per sé in grado di agevolare una crescita sostenibile ed equa.

Avvalendosi dei concetti elaborati dalla teoria economica specie recente, De Vincenti sottolinea invece che il funzionamento degli attuali sistemi economici non può basarsi su una contrapposizione o una giustapposizione fra stato e mercato. Il prevalere di grandi conglomerati o – comunque – di imprese con posizioni monopolistiche distorce la concorrenza e rende sistematico l’impatto delle loro singole decisioni sul resto del sistema (esternalità); combinandosi con imperfezioni informative, questi divari di potere palesano l’inadeguatezza dei prezzi come unico strumento per l’allocazione delle risorse produttive e dei beni prodotti. Inoltre, l’esigenza di incentivare le scelte e i comportamenti dei vari attori economici trasforma gran parte degli scambi di mercato in rapporti contrattuali asimmetrici e squilibrati. Pertanto, gli interventi pubblici e la costruzione di mercati efficaci devono porre sotto controllo tale contraddittorio intreccio di interazioni anche avvalendosi della mediazione di molteplici istituzioni intermedie. 

Il continuum di istituzioni, che include – alle due estremità – lo stato e il mercato, apre spazi cruciali per la politica economica. Recependo e filtrando segnali di mercato, l’intervento pubblico può innanzitutto definire un quadro di regole capace di sostenere le scelte di diversi gruppi sociali anche contrapposti e di iscriverle in un quadro di opzioni collettive condivise che hanno l’obiettivo di perseguire la stabilità macroeconomica e una crescita sostenibile. A questo fine, come è evidente nel caso dell’Unione europea, le opzioni nazionali devono adattarsi a decisioni sovranazionali che spesso travalicano i confini dell’economia.  

L’analisi di Claudio De Vincenti dà sostanza a tali considerazioni, non limitandosi però al piano della teoria della politica economica. I lettori del suo volume apprezzeranno i suoi sistematici e proficui tentativi di tradurre i principi sopra enunciati in concrete scelte di policy che potrebbero migliorare il futuro del nostro paese e dell’area europea.  

Marcello Messori

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Economia

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