09 aprile 2024   Articoli

Se la bioeconomia fa business

Intervista ad Amedeo Lepore - Italia Oggi

Qual è l’identikit oggi della bioeconomia, quali sono i numeri attendibili?

Si possono riprendere le indicazioni del report “Bioeconomia. Prima indagine diretta a livello territoriale sulle imprese italiane e sulle filiere produttive della bioeconomia”, che è stato presentato lo scorso 27 marzo a Roma e che, per la prima volta a livello europeo, ha raccolto dati sulle imprese attraverso un’approfondita analisi condotta sul campo. La bioeconomia si conferma un metasettore rilevante per la nostra economia: rappresenta, infatti, l’11% del valore della produzione dell’economia nazionale. Le imprese biobased si concentrano nei comparti del Made In Italy (alimentari, bevande e tabacco, per il 13,5%; tessile, per l’8,9%; abbigliamento, per il 7,9%), sono principalmente di media e piccola dimensione (il 45,6% ha tra 20 e 49 addetti), producono prevalentemente per il mercato finale (il 72,5%) e sono sorte in gran parte con caratteristiche di bioeconomia (born biobased, per il 61,7%). Le imprese biobased mostrano una migliore performance rispetto alle altre, sia in termini di fatturato (nel 2022, il 50,5% delle imprese bio ha registrato un aumento del fatturato contro il 42,8% delle non bio) che di resilienza (nel 2022, il 34,8% delle imprese bio ha superato i livelli produttivi pre-Covid contro il 25,1% delle non bio). Le imprese biobased, inoltre, rivelano una forte propensione a investire in Ricerca e Sviluppo: il 60,7% di queste imprese ha effettuato investimenti in R&S nel periodo 2017-2019 e sta continuando a investire nel triennio 2022-2024. Infine, nel 2022 l’insieme delle attività connesse alla bioeconomia in Italia ha generato un valore della produzione pari a 415,3 miliardi di euro, occupando circa due milioni di persone. Nel nostro Paese la filiera agro-alimentare rappresenta circa il 60% del valore della bioeconomia. Seguita dal sistema moda, che include il tessile-abbigliamento e la concia/pelletteria/calzature, dai settori del legno e dei mobili, della carta e del packaging e, infine, della farmaceutica biobased e delle bioenergie.

La transizione green in che modo interseca la bioeconomia?

La bioeconomia è un pilastro della transizione ecologica, per la sua capacità di contribuire all’implementazione di tutte le aree in cui si articola il Green New Deal, costituendo l’elemento chiave per decarbonizzare l’economia, diminuire l’utilizzo di risorse non rinnovabili e massimizzare l’efficienza e la sostenibilità delle risorse rinnovabili. In particolare, la bioeconomia circolare italiana si candida non solo a rappresentare esigenze di sostenibilità e di compatibilità della produzione con l’ambiente, ma a promuovere un percorso in grado di cogliere convenienze e interessi reali, attraverso investimenti in nuovi materiali, processi produttivi e prodotti con più lungo ciclo di vita, che possano condurre a un’economia tendenzialmente priva di residui ed emissioni nocive, in una logica di crescita.

Come si è andato modificando nei tempi il biologico?

La crescente consapevolezza verso i temi ambientali ha dato, negli ultimi anni, un peso sempre più significativo a tutto ciò che rientra nella sfera del “biologico”. Certamente la ricerca, l’innovazione, il trasferimento tecnologico e, parallelamente, gli standards e il coordinamento a livello sovranazionale sono decisivi per un ambito in continua crescita ed evoluzione. Altrettanto essenziale è il ruolo delle imprese, degli investimenti privati e delle convenienze di mercato per fare di questo metasettore un’opportunità e un volano di sviluppo. L’innovazione tecnologica è l’architrave su cui costruire i nuovi processi di bioeconomia circolare, guardando alla twin transition come il terreno più fertile per l’affermazione di un modello di produzione inedito.

Quali sono i trend di mercato della bioeconomia?

La bioeconomia è un metasettore in notevole espansione, che comprende tutte le attività economiche basate sull’utilizzo sostenibile ed efficiente delle risorse biologiche, in una chiave di sviluppo produttivo. Questo processo include, ad esempio, la produzione di biomasse, la bioenergia, i bioprodotti e i biomateriali, nonché l’utilizzo delle biotecnologie per migliorare la produttività agricola e industriale, la salute umana e l’ambiente. Le motivazioni alla base dello sviluppo di prodotti a base bio sono principalmente legate alla naturale evoluzione del comparto, alla richiesta del mercato di riferimento e alla volontà di innovare il processo produttivo dell’azienda. I vantaggi del biobased hanno ragioni diverse: si va da quelle legate a questioni etiche e sociali, da quelle espressione di una nuova cultura d’impresa, fino a quelle connesse concretamente con la competitività e la crescita economica.

Quali prospettive vi sono per le bioenergie, i biomateriali, la chimica verde?

Le bioenergie, i biomateriali e la chimica verde hanno un ruolo di primo piano nell’ambito della bioeconomia, rappresentando alcuni dei principali settori deputati allo sviluppo di soluzioni sostenibili e a basse emissioni. In particolare, la produzione di bioenergie da biomassa e la ricerca sui biocarburanti ridurranno progressivamente la dipendenza da combustibili fossili e contribuiranno alla mitigazione dei cambiamenti climatici. I biomateriali ricopriranno sempre più un ruolo chiave nella sostituzione di materiali non sostenibili e non rinnovabili. Questa visione ha origini lontane nel nostro Paese, risalenti al tentativo lungimirante di Raul Gardini di unire agricoltura e chimica come base per un salto di qualità e un avanzamento del sistema produttivo italiano.

In che modo l’intelligenza artificiale impatterà sulla bioeconomia?

L’intelligenza artificiale offre opportunità molto significative per affrontare le principali sfide globali, come il cambiamento climatico e l’inquinamento ambientale, rafforzando i processi di cambiamento. In particolare, l’IA può essere sfruttata per aggregare e analizzare dati, accelerare il percorso di ricerca e sviluppo di nuovi materiali e/o prodotti, monitorare e ottimizzare processi, migliorare l’efficienza e la sostenibilità di alcuni settori, acquisire compiutamente impatti e risultati della strategia di bioeconomia circolare.

Cosa aspettarsi dal Pnrr?

Il PNRR fa riferimento prevalentemente al ciclo dei rifiuti, non dando il giusto rilievo alla bioeconomia, nonostante le modifiche apportate al Piano. In questo modo, si rischia di perdere una grande occasione in termini di investimenti destinati a questo comparto per sostenere le imprese e i territori nell’attuazione di una reale transizione ecologica. L’avvio della realizzazione del FSC e l’impiego delle relative risorse potrebbero fornire impulso alla bioeconomia circolare, che è largamente compresa negli obiettivi strategici del Fondo.

Cosa chiedere al governo per supportare la bioeconomia?

Per supportare i comparti della bioeconomia è necessario predisporre un quadro legislativo chiaro e coerente, una forte semplificazione normativa, in particolare per l’end of waste, definire codici dedicati e tassonomie per prodotti e materiali biobased. Inoltre, va affermata una logica fondata, più che sui vincoli, su convenienze, interessi e incentivi mirati, per stare al passo con la continua evoluzione e diffusione di questo metasettore a livello globale.

E cosa chiedere all’Europa?

All’Europa bisogna chiedere di porre sempre di più la bioeconomia circolare al centro delle sue strategie, incentivando progetti e investimenti, adottando un insieme di norme e di misure coerenti, supportando politiche industriali innovative al fine di rendere competitiva la UE e di non soccombere alle economie di Paesi, come USA e Cina, che stanno spingendo risolutamente questo metasettore.

Le crisi geopolitiche rischiano di frenare l’approccio green?

La bioeconomia è in grado di creare interconnessioni tra filiere molto diverse tra loro, rivitalizzando le catene internazionali di approvvigionamento, produzione e creazione di valore. Può essere una via da percorrere per provare a superare le divisioni politiche e le contrapposizioni puramente di potere, concentrandosi su forme di governance e obiettivi comuni per la salvaguardia del pianeta e riscoprendo il vantaggio delle interdipendenze economiche. 

I maggiori costi della bioeconomia non creeranno problemi alla competitività delle imprese europee?

Le imprese europee hanno la possibilità di competere se i costi vengono ammortizzati da una crescita del metasettore, da tecnologie ed economie di scala, dall’apertura di nuovi mercati, in una visione che vada oltre il breve termine, attuando un approccio sistemico. L’Europa è in grado di favorire questi processi se riprende coscienza del suo ruolo globale.

L’autonomia differenziata aiuterà lo sviluppo della bioeconomia o sarà di ostacolo?

L’autonomia differenziata, soprattutto nella forma proposta, può rappresentare un serio ostacolo, perché la gestione di alcuni ambiti e servizi non può essere priva di un coordinamento di tipo nazionale. Inoltre, la mancanza di una strategia organica e di un mercato unitario può compromettere l’attrazione di investimenti adeguati alle esigenze di sviluppo della bioeconomia in tutte le aree del Paese. È fondamentale che le politiche siano coerenti e armonizzate a livello nazionale, in un rapporto proficuo con i vari territori, per creare un ambiente incline a un’ampia diffusione della bioeconomia circolare.

Argomenti
Economia

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