14 giugno 2020   Articoli

La Fase 3 può essere un’occasione. Ma servono strategie e concretezza

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Claudio De Vincenti - Economista - Promotore del Manifesto

La Fase 3 si sta rivelando la più difficile da affrontare: ora che, grazie ai nuovi orientamenti dell’Unione Europea, le risorse ci sono e sono tante, il Governo e le forze politiche faticano a indicare gli obiettivi e gli strumenti da attivare per utilizzarle al meglio, sanando le debolezze strutturali che sono andate accumulandosi nel nostro Paese. Non sappiamo al momento se gli Stati Generali apertisi ieri a Villa Pamphili aiuteranno a dissipare la nebbia: è interesse di tutti che sia così, ma questo sarà possibile solo se il Governo avrà le idee chiare per tenere la discussione sul merito dei problemi che l’Italia si trova davanti.  

Strategia e concretezza, di questo il Paese ha bisogno. Strategia non significa indicazioni generiche disancorate dalla durezza del presente, al contrario significa scelte di priorità aderenti ai bisogni reali delle persone. E concretezza non significa pragmatismo senza principi ma, all’opposto, strumenti capaci di dare attuazione alle priorità individuate.

La Commissione Europea ha indicato Green Deal e Digitale come assi strategici per la crescita economica del Vecchio Continente, quindi uno sviluppo che abbia come punto di riferimento la qualità della vita dei cittadini europei. Bene, si tratta allora di declinare questa impostazione in progetti precisi da realizzare. 

La “cura del ferro” per esempio, essenziale per una mobilità sostenibile: alta velocità e alta capacità ferroviaria a disposizione di tutto il Paese, curando i collegamenti con l’Europa (Torino-Lione, Brennero, ecc.) e quelli del Nord con il Sud, ossia dell’Europa col Mediterraneo, quindi asse adriatico fino a Lecce e Taranto, asse tirrenico fino a Reggio Calabria, la Napoli-Bari, la Palermo-Catania-Messina, la Cagliari-Sassari-Olbia. E, con gli assi ferroviari, lo sviluppo di porti e logistica, facendo dell’Italia – e, grazie alle Zone Economiche Speciali, del Mezzogiorno in particolare – il perno degli scambi nell’area del Mediterraneo. 

O ancora, le infrastrutture di trasporto dell’energia lungo la penisola, valorizzando la produzione di elettricità da fonti rinnovabili e il ruolo del gas come fonte fossile sostitutiva di petrolio e carbone, in modo da abbattere le emissioni di CO2. Così anche il rinnovo del parco veicoli, che prima di tutto riduca rapidamente la percentuale di quelli più vecchi e inquinanti e poi definisca una strategia di graduale diffusione della mobilità elettrica e a gas che faccia da punto di riferimento di mercato per la nostra filiera dell’automotive.

Ancora, sul versante dell’economia digitale, l’attuazione del Piano Banda Ultralarga che deve connettere tutto il Paese, da Nord a Sud, dalle aree metropolitane alle aree interne, gettando le basi infrastrutturali per superare il digital divide e dando a tutti i cittadini e a tutte le imprese uguali possibilità di accesso alle nuove reti di telecomunicazione. E la promozione dell’uso effettivo di queste reti, attraverso il sostegno alla digitalizzazione delle imprese e delle pubbliche amministrazioni.

Ma per dare attuazione a queste o altre priorità, servono misure estremamente concrete. Per le opere pubbliche, invece della sospensione del Codice degli appalti, che bloccherebbe tutto ciò che è in corso, servono alcune modifiche mirate – per esempio concentrando nello studio preliminare di fattibilità tutte le verifiche ambientali e paesaggistiche in modo da accelerare poi la progettazione esecutiva – e la riconduzione del sistema dei controlli a una verifica di efficacia ex post e non di legittimità ex ante. E serve porre fine ai diritti di veto delle singole amministrazioni in sede di Conferenza dei servizi, prevedendo tempi stretti di completamento della Conferenza, pena il rinvio al potere risolutivo del Consiglio dei Ministri, e la sua conclusione in termini di una autorizzazione unica, sostitutiva di tutti i passaggi a valle.

Per la politica industriale, è urgente riprendere e rafforzare gli strumenti di Industria 4.0, in modo da incentivare gli investimenti innovativi, e il Credito d’imposta Sud, in modo da dare densità crescente al tessuto produttivo meridionale. E chiarire le modalità con cui Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia possono sostenere la capitalizzazione delle imprese rafforzandone la struttura patrimoniale, attraverso fondi di investimento che sappiano coinvolgere investitori privati e mobilitare a favore dell’attività produttiva le molte risorse finanziarie oggi inutilizzate.

Insomma, la gravità della situazione in cui versa il Paese chiede un salto di qualità al Governo e alle forze politiche: ritrovare il “gusto del fare” contro la paralisi dei “no”, abbandonare la pseudocultura del sospetto e guardare con fiducia alle imprese e ai lavoratori che vogliono costruire il domani.

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