Scuola, la grande ipocrisia
Giuseppe Coco - Corriere del Mezzogiorno
I dati di Save The Children sulla scuola in presenza hanno sollevato le solite lamentele sull’ennesimo divario nord-sud, senza una parola sulle cause del divario. I ragazzi delle scuole del sud hanno passato in classe la metà del tempo di quelli del centro-nord. Di certo questo gap non è attribuibile alle condizioni socio-economiche, alle differenze di finanziamento o altri elementi sempre tirati in ballo per raccontarci quanto siamo sfortunati. Nemmeno possiamo attribuirlo a una maggiore virulenza dell’epidemia, casomai nella seconda ondata come nella prima a essere più colpito è stato il centro-nord. Perché allora gli studenti del sud non sono andati a scuola?
Si è trattato sempre di decisioni amministrative dei Presidenti di Regione. Abbiamo riaperto le scuole dopo, con la scusa delle elezioni, quando si poteva riaprirle prima proprio in previsione di un aumento del contagio col freddo e la necessità di tenere le finestre chiuse. Poi si sono susseguite una serie di ordinanze di chiusura, sempre più restrittive della normativa nazionale e che indicano una scelta precisa: per i nostri Governatori la scuola in presenza non era rilevante. Si tratta quindi di una scelta collettiva esplicita.
Ogni scelta collettiva discende da interessi contrapposti che si fronteggiano con pressioni sul decisore, e dall’atteggiamento e dai valori del decisore stesso. In questo caso a premere per la apertura delle scuole, oltre alle persone consce della sua importanza in particolare per i più fragili, sono le donne che lavorano e hanno difficoltà a seguire i figli. Da queste dobbiamo però scorporare la importante quota di insegnanti, per le quali la chiusura non implica la possibilità di non seguire i propri figli. Ad essere rilevante poi è anche l’atteggiamento delle famiglie e la loro coscienza o meno dei danni che la chiusura delle scuole provoca. Quanto ad esempio i poveri sono consci che a perderci sono i loro figli?
Dall’altra i sindacati degli insegnanti, che comunque corrono un rischio in presenza e per i quali la didattica a distanza è una comodità cui è difficile rinunciare. In un quadro di diffusa incapacità organizzativa poi anche la didattica mista è stata difficile. Beninteso sarebbe ingiusto sottovalutare le difficoltà degli insegnanti che hanno dovuto riconvertirsi in corso o anche affermare che non esistano insegnanti che, per ragioni coscienza, sono favorevoli a una riapertura della scuola.
Al sud tutto ha cospirato per la decisione peggiore. Poche donne che lavorano e, tolte le insegnanti, davvero pochissime. Scarsissima coscienza dell’importanza della scuola tra le famiglie. Una classe insegnante molto anziana e prevedibilmente molto avversa al rischio.
Al centro il decisore pubblico, con i suoi interessi elettorali e i suoi valori. E’ innegabile che nel Mezzogiorno i governatori siano più sensibili che al nord agli interessi dei dipendenti pubblici. Ma anche a fronte degli interessi, contano anche i valori. E le scelte fatte non lasciano dubbi: l’istruzione è di secondaria importanza. Scelgano le famiglie e, se è troppo difficile per gli insegnanti, si chiuda tutto. Per i poveri meglio un assegno che la possibilità di emanciparsi.
Le regioni del sud erano già le peggiori in Europa per abbandono scolastico e tra le peggiori per performance comparativa dei sistemi scolastici e questo costituisce la gran parte della spiegazione del nostro divario anche economico. Queste scelte disfunzionali non possono che peggiorare il quadro, ma di certo niente cambierà finché non avremo coscienza che non si tratta, come vogliono farci credere alcuni intellettuali e imprenditori politici furbi, di una questione di risorse. Se la spesa storica in istruzione prescolare in alcune città del sud era zero, la colpa non è dei settentrionali. Senza un risveglio della coscienza diffusa e una qualità istituzionale che consenta decisioni coerenti con gli interessi di lungo periodo delle nostre collettività, anche quando impopolari nel breve, non andremo da nessuna parte. Nemmeno se i miliardi recovery fund fossero 1000 e fossero tutti spesi al sud.
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