Tra Mattarella e De Luca è una questione di stile
Viola Ardone - Corriere del Mezzogiorno
Un giorno, quando saremo finalmente al sicuro, sfoglieremo l’album dei ricordi della pandemia. Troveremo immagini di dolore e paura, altre di speranza e generosità; altre poi non riusciremo a guardarle perché ci veleranno gli occhi di lacrime; per altre infine proveremo tenerezza, come per una cosa che abbiamo attraversato e vinto. Oggi, a esattamente un anno di distanza dal primo lockdown nazionale, sono già tante le istantanee che raccontano l’Italia nel corpo a corpo con un’epidemia che da “semplice influenza” è stata riconosciuta come emergenza planetaria, foto che si sono trasformate in icone di un tempo imprevisto e sospeso. I volti di medici e infermieri scavati dall’impronta della mascherina, le strade e le piazze deserte come in un sogno distopico, il papa che prega nell’abbraccio vuoto del colonnato di San Pietro, il drone che plana su una spiaggia deserta per acciuffare un solitario bagnante, i locali estivi affollati dalla movida nonostante i divieti. Poi, con il nuovo anno, sono arrivati i vaccini, è risorta la speranza e altre immagini hanno popolato il museo virtuale della pandemia. I camion che arrivano sotto scorta carichi delle prime preziosissime dosi, i medici che porgono il braccio e che invitano a vaccinarsi senza paura. Ognuno poi ha la sua personalissima foto, quella che anche a distanza di tempo conterrà il senso di ciò che gli è capitato, la sintesi di quello che ha vissuto. Perché le immagini ci raccontano tante cose, spesso molte più di quelle che erano nelle intenzioni dei soggetti raffigurati. Ce ne sono due, tra le tante, che parlano del rapporto tra politica, potere e cittadini.
La prima è del 27 dicembre 2020 e ritrae un Presidente di regione mentre riceve il vaccino: è nel suo ufficio, seduto alla scrivania e offre il braccio all’infermiere guardando dritto in camera. L’altra è del 9 marzo 2021, due mesi e mezzo dopo, e raffigura un signore nella sala d’aspetto dell’ospedale Spallanzani, seduto in mezzo a molti altri suoi coetanei, che attende a occhi bassi il suo turno. Quel signore è il Presidente della repubblica italiana. I due soggetti hanno quasi la stessa età, entrambi ricoprono una carica pubblica e rappresentano qualcosa dal punto di vista delle istituzioni. Da un lato, il politico che, in virtù della sua carica, chiede di essere vaccinato prima degli altri. Dall’altro l’uomo che, nonostante ricopra un ruolo pubblico altissimo, aspetta il suo turno, nel rispetto delle regole, condividendo con tutti gli altri italiani il senso di attesa, la trepidazione per un momento a lungo sospirato, la consapevolezza che nessuno, nemmeno la più alta carica dello Stato, ha l’ambizione di porsi al di sopra della legge come se fosse un sovrano ab solutus, ovvero etimologicamente “sciolto” da ogni vincolo e non soggetto alle norme che valgono per gli altri. Il Presidente Mattarella, in composta attesa di ricevere la puntura salvifica, è lo stesso che è apparso orgogliosamente spettinato durante il lungo periodo di chiusura dei barbieri.
Chi si è vaccinato prima degli altri ha dichiarato di aver voluto dare un esempio. Mattarella invece non ha detto nulla e ha dato l’esempio più importante: quello che sotto il cielo del Covid siamo tutti uguali. Ed è questa l’immagine che rimarrà nel mio album.
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