01 aprile 2020   Articoli

Se non si «Cura» il Mezzogiorno

Marco D'Isanto - Corriere del Mezzogiorno

Gli interventi che il governo ha varato il 17 Marzo con il decreto Cura Italia cercano di fornire risposte ai mille problemi che il paese si trova ad affrontare in questa difficile emergenza sanitaria ed economica.

Possiamo però dire subito alcune cose che non stanno funzionando e sulle quali urge un cambio di marcia.

Il decreto ha attivato diverse forme di ammortizzatori sociali differenziate per tipologie di aziende: non va bene. Non si possono gestire situazioni straordinarie con gli strumenti pre-crisi disperdendo tempo e risorse. Occorre un unico strumento che copra indistintamente tutte le categorie di lavoratori e in grado di essere erogato in tempi brevissimi.

I sussidi ai lavoratori autonomi, dello spettacolo, dei collaboratori sportivi, degli artigiani e commercianti sono anch’essi inspiegabilmente sottoposti a procedure differenziate, erogati in tempi e da istituti diversi. Anche questo non va bene. Serve una misura universale di sussidi in grado di coprire le esigenze, in tempi rapidi, di tutti i lavoratori autonomi.

La miriade di notizie, circolari, faq, che gli enti preposti stanno emettendo in questi giorni danno la misura dell’inadeguatezza degli strumenti attivati. Qui si tratta invece di operare una moratoria della burocrazia. Si dia una prova effettiva di efficienza con strumenti semplici e tempi certi.

In questo assegno universale non ci si può dimenticare di chi perde il lavoro. In Italia abbiamo tantissime formule contrattuali atipiche che rischiano semplicemente di produrre, nell’emergenza,  un mare di disoccupati.

Manca del tutto uno sguardo sul Mezzogiorno. La condizione di povertà in cui versano aree importanti del territorio meridionale non può assolutamente essere trascurata.

Qui il problema si fa serio. Il governo deve comprendere che la crisi può avere un effetto devastante in queste aree in cui si rischia la tenuta sociale del paese.

Occorre un provvedimento che istituisca in tempi immediati un grande fondo alimentare per le famiglie in difficoltà.

Si mobilitino risorse e mezzi, insieme alla rete di enti del Terzo Settore, dei servizi sociali, delle amministrazioni locali e si predisponga un piano di aiuti alimentari per chiunque ne avesse bisogno.

Non è questo il tempo in cui è immaginabile di assecondare le richieste, a volte bizzarre, dei vari centri di potere. Occorre visione, calma e sangue freddo.

Va garantita al Mezzogiorno la possibilità che tutte le famiglie possano accedere ai consumi essenziali. Senza questa possibilità non c’è tenuta del paese.

Secondo un calcolo effettuato in queste ore dal Consiglio nazionale dei commercialisti la produzione nazionale potrebbe subire un crollo del PIL nell’ordine del 60-70% nel periodo di blocco che equivale ad una potenziale riduzione del PIL tra 85 e 100 miliardi per ogni mese di durata del “lockdown” nell’assetto attuale.

Si tratta di numeri preoccupanti. Il paese, e il Mezzogiorno in particolare, non possono aspettare.

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