22 marzo 2020   Articoli

La svolta europea è un’opportunità: le Regioni collaborino con il Governo

Claudio De Vincenti - Corriere del Mezzogiorno

Con le decisioni prese negli ultimi tre giorni, la Commissione Europea ha impresso una vera e propria svolta alla politica economica dell’Unione e la sua Presidente, Ursula Von der Leyen, ha assunto la leadership del cambiamento. Sono decisioni di grande rilievo per il futuro dell’Europa, dell’Italia, del Mezzogiorno.

Venerdì la Presidente ha annunciato l’attivazione della clausola che sospende le regole del Patto di stabilità e consente ai Governi di andare al di là dei vincoli su disavanzo e debito pubblico e di immettere nelle economie nazionali tutta la moneta che si rivelerà necessaria a sostenere famiglie e imprese e a sventare il pericolo di un collasso delle attività produttive. In precedenza, giovedì, la Commissione aveva reso note le nuove regole sugli aiuti di Stato, in particolare autorizzando i Governi ad ampliare le garanzie pubbliche sui prestiti bancari alle imprese, a erogare prestiti a tassi favorevoli e più in generale a indirizzare aiuti all’economia attraverso le banche. Infine, nei giorni scorsi sono maturate anche le condizioni per un uso più flessibile dei fondi strutturali.  

Questa svolta in materia di regole di bilancio e di aiuti di Stato – che dobbiamo anche, ed è bene tenerne conto, all’azione del Commissario italiano per l’Economia – segue l’altra importante svolta, il Green Deal, messa nero su bianco dalla Commissione nella Comunicazione del 14 gennaio scorso. Quella di questi giorni, volta a fronteggiare i gravissimi rischi sanitari ed economici innescati dalla pandemia, rompe la ritrosia di alcuni Paesi UE verso un uso attivo della politica economica. Quella del 14 gennaio, proposta prima dell’emergenza sanitaria, fornisce oggi la bussola per la direzione da imboccare dopo l’emergenza. 

Sappiamo che nessuna delle due innovazioni è ancora al sicuro dai contrasti esistenti tra diverse visioni del ruolo delle istituzioni europee, come hanno evidenziato i sussulti nella conduzione della politica monetaria (Fubini sul Corriere della Sera del 17 marzo) e prima ancora lo scontro sul nuovo Quadro finanziario pluriennale 2021-27 (Il tempo del Sud del 23 febbraio). Sta al nostro Governo, liberandosi degli ultimi residui di masochismo sovranista, mettere la forza della seconda economia industriale d’Europa a sostegno della linea indicata dalla Commissione. 

Per l’Italia la svolta che Ursula Von der Leyen sta imprimendo alla politica europea è di importanza decisiva. Prima di tutto perché libera risorse di bilancio per sostenere il sistema sanitario e i cittadini italiani in questa difficilissima situazione. In secondo luogo, perché permette di sostenere le banche nell’erogazione di credito a breve termine alle imprese – anche le microimprese, le ditte individuali, i lavoratori autonomi di tutti i settori – in modo che affluisca loro la liquidità necessaria a pagare stipendi e fornitori pur nella carenza di ricavi dovuta alla fermata produttiva. Infine, perché le nuove norme in materia di uso dei fondi strutturali consentono di aumentare il finanziamento alle misure di sostegno dei redditi e a quelle, come il credito d’imposta, necessarie a riattivare gli investimenti delle imprese, questione fondamentale per la ripartenza dell’economia, in particolare di quella del Mezzogiorno, dopo la fine dell’emergenza sanitaria.

Il decreto legge “Cura Italia” si muove in questa direzione. Decisiva sarà la tempistica di attuazione delle misure varate, specie in materia di sostegno ai redditi dei lavoratori e alla liquidità delle aziende. Inoltre, potrà e dovrà essere rafforzato sia negli strumenti che nelle risorse finanziarie, peraltro già consistenti.

Ma sarà altrettanto importante che le Regioni collaborino col Governo centrale: le risorse dei fondi strutturali vanno gestite in modo coordinato, superando qualsiasi logica particolaristica. La ripresa post coronavirus non sarà né facile né rapida, perché la ricostruzione dei rapporti di fornitura all’interno delle filiere produttive, scosse dalla crisi, richiederà tempo e lavoro. Sarà fondamentale, soprattutto nel Mezzogiorno, sostenere con il Fondo sociale europeo i redditi dei lavoratori nella fase di transizione e dare impulso agli investimenti delle imprese utilizzando una quota maggiore del Fondo europeo di sviluppo regionale per incentivi rapidi ed automatici come il credito d’imposta. 

Questa riprogrammazione dei Fondi, che ha anche il pregio di accelerarne la spesa, andrà riequilibrata con una corrispondente riallocazione del Fondo sviluppo e coesione – che è finanziato dal bilancio dello Stato – sugli obiettivi originari. Collaborazione istituzionale e unità nazionale, è di questo che il nostro Paese ha bisogno: prima di tutto sul fronte sanitario ma anche, e in misura molto maggiore che in passato, sul fronte economico.

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