Autonomia differenzia: sarà difficilissimo emendare quel testo
La sentenza della Corte Costituzionale sull’autonomia differenziata mina alla base l’impianto della Legge Calderoli
La sentenza della Corte Costituzionale sull’autonomia differenziata non è ancora disponibile ma il comunicato che ha accompagnato la decisione mostra chiaramente che essa mina alla base l’impianto della Legge Calderoli sotto molteplici punti di vista. Il primo aspetto cruciale è che, come avevano fatto notare molti giuristi, la devoluzione possibile non può riguardare intere materie ma condizioni particolari su singole funzioni all’interno delle materie. L’aspetto che però ritengo più importante, e che rende l’intera Legge invalida, è che giustamente la Corte richiama all’esigenza che queste funzioni vengano assegnate alle Regioni sulla base di una motivazione che non può che essere fondata, a sua volta, sulla prova di una distribuzione razionale delle funzioni stesse e del vantaggio complessivo per la collettività. In altri termini le funzioni devono essere individuate sulla base della razionalità della loro assegnazione alle Regioni. Nelle parole della Corte:’ I Giudici ritengono che la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo, in attuazione dell’art. 116, terzo comma, non debba corrispondere all’esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma debba avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione.’ Questo di fatto esclude immediatamente alcune materie richieste, come le grandi reti infrastrutturali e i rapporti con l’estero, ad esempio, e rende molto improbabili quasi tutte le altre. Il fatto centrale quindi a mio parere è che la Corte riconosce come principale motivazione per il rigetto, il principio della razionalità nella assegnazione delle competenze ai vari livelli di governo, non gli svantaggi che verrebbero eventualmente alle regioni escluse. E credo debba far riflettere chi si appresta a modifiche marginali e ingiustificate logicamente ed economicamente, che la Corte boccerà ogni assegnazione di competenze che non contempli una chiara motivazione di sussidiarietà. La Legge in altri termini deve includere le funzioni devolvibili e le motivazioni, le prove che quelle funzioni sono meglio e più efficientemente esercitate a livello locale, con anche risparmi di costi, e senza significative esternalità tra regioni.
La motivazione poi discute la questione di dettaglio della determinazione dei LEP e delle modalità dei trasferimenti finanziari. Sui LEP esclude un regime transitorio (con DPcm) in cui nelle more della determinazione con Dlgs si proceda alle intese, nota la carenza di indirizzo della delega al governo. Inoltre, esclude che si possa procedere alla devoluzione con atti senza forza di Legge, e senza la possibilità per il Parlamento di emendare tali atti. Si tratta anche in questo caso di un principio di ragionevolezza.
Infine, la Corte richiama esplicitamente il fatto che le risorse trasferite dovranno tenere conto del quadro di sostenibilità della finanza pubblica, eventualmente liberando risorse sulla base di un efficientamento e responsabilizzazione. In questo la Corte ancora una volta richiama un principio di razionalità, ovvero che i Livelli di Prestazioni non sono dei diritti assoluti, devono essere definiti in rapporto alla efficienza di costi e tenere conto delle nostre capacità finanziarie di assicurarli. Sembra ovvio che i diritti economici siano da rapportare al benessere che siamo in grado di creare come società e le risorse che lo Stato è in grado di mobilitare, ma molti giuristi non sembrano consci e si sta diffondendo una retorica dei diritti sganciata dai vincoli, che ha pericolosi caratteri di irresponsabilità in un paese in declino.
Della Legge resta in piedi pochissimo e, al contrario di quanto dichiarato da Calderoli, tentare di emendarla per raccogliere le indicazioni della Corte sarà difficilissimo, perché se non si mostra la coerenza con criteri di razionalità di assegnazione delle competenze si rischia una quasi certa ulteriore censura, che seppellirebbe la Legge per sempre. Per certi versi la sentenza mette in luce l’errore dell’art. 116 che definisce le materie possibile oggetto di autonomia in maniera troppo ampia e generica. Una lettura della sentenza solo nei dettagli tecnici a mio parere conduce a sicuro errore.
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